«Non la chiamerei riforma, ma ritocchino». È severo il giudizio di Davide Faraone, capogruppo al Senato di Italia Viva, sulla riforma del Csm in arrivo dalla Camera, con l’astensione dei renziani.
«Astenersi – spiega – è stata la sola strada possibile per noi che crediamo nella giustizia vera, non quella delle correnti e dei privilegi. Dopo gli scandali emersi era eticamente opportuna una riforma vera. Questo è un maquillage che non risolve. Se Bonafede era dannoso, la riforma Cartabia così com’è arrivata al Senato non serve, o meglio, serve solo per attivare il Pnrr, per carità è importantissimo ma non può dirsi un cambiamento vero».
Cosa farete in Senato, dove i numeri di Iv pesano molto di più per la maggioranza?
«Lavoreremo per migliorarla, presentando emendamenti su cui cerchiamo convergenza con altre forze politiche come noi insoddisfatte: è necessario intervenire in modo adeguato sull’elezione dei membri del Csm, altrimenti il potere delle correnti non verrà in alcun modo spezzato e anzi, per certi versi, rischia di essere rafforzato. Prevedere la separazione delle carriere, introdurre la responsabilità civile dei magistrati, limitare l’abuso della carcerazione preventiva. In Senato i numeri sono diversi e contiamo di incidere per cambiarla. Respingiamo il tentativo di un intervento monocamerale su una riforma che se passa così com’è davvero non può dirsi tale: siamo di fronte ad una modifica strutturale ed essenziale, reclamata da tempo e che, dopo anni di inerzia, si decide di approvare senza discussione? Solo perché si avvicina il momento elettorale del rinnovo del Csm? Sono alchimie a cui non ci prestiamo».
Voi, che si siete stati i primi sostenitori del governo Draghi e della sostituzione di Bonafede con Cartabia, siete i più critici?
«Proprio perché venivamo dagli anni del Conte-Bonafede ci aspettavamo di più dalla ministra Cartabia, che stimiamo molto e che pur avendo fatto un buon lavoro di impianto ha poi ceduto troppo alle mediazioni di parte. Si è persa una grande occasione, per la politica e per la stessa magistratura che chiedeva un rinnovamento. I primi a meritare una riforma vera sono i magistrati che in silenzio svolgono il proprio lavoro, così è il solito meccanismo dell’aggiungi un posto a tavola. Ma soprattutto per i cittadini che da anni attendono una vera riforma».
La corporazione dei magistrati ha addirittura minacciato scioperi e denunciato la riforma come un grave attacco. Qualcosa di buono dunque ci deve essere, no?
«È la tattica di chi protesta per far capire che è cambiato qualcosa, mentre ha prevalso il principio gattopardesco: “cambiare tutto per non cambiare niente”. È la storia del conservatorismo di questo paese. L’Anm protesta per l’introduzione di un curriculum delle attività svolte dal giudice o per la perdita, seppure iniziale, di un qualche privilegio oppure di una certa centralità politica?».
Con partiti come M5S o Lega, far passare riforme incisive su temi delicati si sta rivelando impossibile?
«Il punto è che le bandierine dei partiti spesso creano un muro contro muro che è nemico del processo migliorativo. Si veda il caso scuola del Ddl Zan».
Ora ci sono i referendum. Farete campagna per il sì?
«A questo punto sono un’occasione da non perdere: i cittadini devono avere la possibilità di esprimersi dando un chiaro indirizzo alla politica. Io li ho firmati con convinzione».
La decisione di votare un solo giorno, a giugno, rischia di nuocere alla partecipazione?
«Mi auguro di no ma certamente la scelta non è premiante. Il referendum andrebbe spalmato su due giorni».
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